Novembre 24

Ammortizzatori sociali: riforma in arrivo

Rush finale per la riforma degli ammortizzatori sociali. Entra nella fase decisiva il lavoro ed il confronto per mettere nero su bianco il nuovo sistema che punta a garantire una tutela “universale” a tutti i lavoratori, in ogni settore e a prescindere dalle dimensioni dell’impresa. Una riforma che da più parti si auspica e che seppur più volte rimandata , soprattutto per l’emergenza pandemica, ed ora in accelerazione nelle stanze dei palazzi governativi. Con l’intesa di fine giugno tra governo e parti sociali sul blocco dei licenziamenti, è stato messo nero su bianco l’impegno condiviso ad una rapida conclusione della riforma, all’avvio delle politiche attive e dei percorsi di formazione. L’obiettivo del ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Andrea Orlando, è di portare l’impianto della riforma in Consiglio dei ministri entro luglio. E proprio nell’ambito del confronto già avviato con i ministri competenti Orlando incontrerà il ministro dell’Economia e delle Finanze, Daniele Franco. Un incontro ritenuto decisivo perché la costruzione della riforma passa attraverso le risorse disponibili. Una prima dote è rappresentata dai risparmi derivanti dalla sospensione del cashback, dal primo luglio, per 1,5 miliardi destinati al Fondo per gli interventi di riforma degli ammortizzatori sociali. Altro incontro atteso è quello con le parti sociali e non è escluso che possa arrivare sempre la prossima settimana. Intanto emerge quanto è stato discusso nel vertice tra i due ministri.

«Credo che siamo decisamente a buon punto, siamo davvero alla stretta», ha dichiarato ieri sottolineando che «la riforma è una delle risposte non l’unica perché poi ci sono le politiche industriali, le politiche attive e le politiche di contrasto alla diseguaglianze, ma intanto è uno strumento che consente dare a tutti una copertura a prescindere dalla dimensione delle imprese».

Il problema sembra essere il costo delle ipotesi formulate dagli estensori delle nuove norme da parte Ministero del Lavoro che, stando alle prime stime, si aggirerebbe i 10 miliardi di euro annui. Ed è proprio sui costi che andrà trovato un accordo con il team del ministro Franco da riproporre alle parti sociali. Il principio guida della riforma è l’universalizzazione della cassa integrazione con aliquote di contribuzione differenziate a seconda della dimensione dell’impresa (da un minimo dello 0,4% fino a un massimo del 9% sul salario lordo del lavoratore). La durata sarebbe variabile da un minimo di 12 (micro-pmi) a un massimo di 30 mesi (grandi imprese) nell’arco di un quinquennio mobile contribuire, pur se con aliquote differenziate in base alla dimensione. E’ allo studio, inoltre, l’applicazione di un sistema bonus/malus come nell’Rc Auto. Chiaramente il nuovo ammortizzatore rischia di costare caro alle imprese con alta intensità di lavoro come la grande distribuzione, la metalmeccanica e le costruzioni. E probabilmente quando il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, si lamenta di non essere stato consultato allude probabilmente a questo. Si lamentano anche CGIL, CISL e UIL che pensano ad un tentativo per eliminare dalle priorità del 2021 il tema della riforma degli ammortizzatori sociali. Rimane anche caldo il tema delle politiche attive. La riforma introduce il «Gol», acronimo di «garanzia di occupabilità del lavoratore», ossia una riscrittura con le Regioni del sistema della formazione destinato alle aziende che affrontano una «transizione» intesa non solo come ristrutturazione ma anche come passaggio a modalità produttive «digitali» o «ecologiche».