Marketing: il tema fondamentale del clima
Basta la cronaca per capire quanto i cambiamenti climatici incidano sullo sviluppo delle imprese. Nubifragi, frane, terremoti, inondazioni: sono fenomeni ormai molto comuni anche sul territorio italiano, capaci di creare danni enormi alle persone ma anche alle imprese. Dal turismo di Venezia alle attività industriali nell’area Sud di Roma, gli eventi climatici hanno creato negli ultimi anni danni considerevoli.
E infatti il 32,8% delle imprese teme di essere colpito da fenomeni che hanno a che fare con il cambiamento climatico, il degrado ambientale o qualunque genere di calamità naturale. Colpisce poi che le imprese di dimensioni minori (quelle che non raggiungono i 10 milioni di fatturato) siano le più esposte ai cambiamenti climatici. Una ragione in più per investire in uno sviluppo che tuteli l’ambiente e per sostenere le politiche governative di contrasto ai cambiamenti climatici.
Ecco allora che il tema clima è un’occasione per riformare i modelli di business, per imboccare la strada della sostenibilità che diventa quindi la soluzione più efficace per creare azioni di marketing che hanno una riceduta importante anche sui territori dove operano le imprese. L’82% delle imprese è infatti convinto che lo sforzo green stia comportando modifiche molto significative ai modelli di business, con il passaggio a processi produttivi a bassi consumi e l’apertura verso un’economia circolare. Investire nella sostenibilità significa quindi per un’azienda modificare al proprio interno il modello organizzativo e il modo di approcciarsi al mercato. Utile in questo senso anche la spinta delle politiche pubbliche, l’Unione Europea quanto il Governo Italiano stanno spingendo affinché le aziende accelerino i loro processi di sviluppo green, un percorso necessario per incoraggiare le imprese a investire sulla strada del cambiamento. L’attenzione all’ambiente passa infatti direttamente dall’attenzione alla persona e questo livello di rispetto e di cura consente un risparmio di risorse tale da generare anche consistenti vantaggi economici. In questo periodo più che mai, il risvolto etico legato all’esperienza di acquisto sta assumendo un’importanza focale: i consumatori vogliono la certezza che le loro scelte di acquisto esprimano attenzione e rispetto per l’ambiente, per il territorio, per i lavoratori impegnati nel processo di produzione e per tutti gli stakeholder coinvolti.
Oggi più che mai l’impegno green verso una maggior sostenibilità ambientale non passa soltanto dalle scelte ecofriendly dei cittadini ma anche attraverso quelle di aziende e imprese, che sempre più comunicano sui social il loro impegno verso l’ambiente. Tenete a portata di mano lo smartphone il 22 aprile, pronti per fiondarvi sui social: chissà quali messaggi le grandi aziende si saranno studiati per questa importante giornata. Attenzione, pensare oggi che soltanto le grandi aziende possano concedersi il lusso di parlare di sostenibilità, lanciare messaggi forti e prendere decisioni su questo tema è quanto di più sbagliato si possa fare. Non è una questione di grandezza, il punto non è quanto grande sia la tematica rispetto alla propria piccola impresa, ma quanto importante sia il valore che si vuole trasmettere e comunicare alle persone. Nel panorama digital, fare riferimento a cinque anni fa vuol dire ormai risalire al giurassico: oggi la sostenibilità non rappresenta più per le aziende una moda o un trend passeggero, ma un’indicazione di sviluppo necessario per rispondere a un consumatore sempre più attento. Una scelta da compiere ora, senza lasciare l’argomento solo alle grandi corporation o ai settori prettamente green.
Una scelta da compiere ora, perché non sia tardi per noi, perché non sia impossibile per le future generazioni recuperare ai disastri compiuti. Ma le aziende oltre ad essere consapevoli hanno intrapreso il percorso verso la sostenibilità?. Il fatto è che ancora oggi molte aziende, soprattutto piccole o medie, incespicano in un semplice errore di valutazione a causa di un falso mito, che vogliamo sfatare subito. Lo facciamo prendendo spunto da un lavoro di Marco Fasan e Stefano Bianchi, dal titolo L’azienda Sostenibile (pubblicato in anteprima su dpsonline). La comunicazione della sostenibilità non è affatto uno sviluppo della comunicazione commerciale. Il perché è semplice: la comunicazione commerciale, in estremissima sintesi, ha come obiettivo quello di convincere il cliente della bontà del proprio prodotto rispetto alla concorrenza. Non è però il caso della comunicazione della sostenibilità, che ha come solo scopo l’informazione, la diffusione culturale, la creazione di valore e la comunicazione del credo dell’azienda. Ed è proprio questo quello che conta oggi per le aziende, che troverebbero nei social uno strumento insostituibile e a costo 0 (a meno di inserzioni a pagamento) per dare corpo ai propri valori. Oggi il cliente non segue un brand in quanto tale: lo segue perché sposa determinati valori di cui quel brand si fa portavoce. Ecco perché oggi comunicare sui social un proprio prodotto descrivendone soltanto le caratteristiche potrebbe non funzionare più.
Le tre direttrici (sostenibilità economica, ambientale e sociale) non sono separate o consequenziali ma tra loro strettamente correlate. La sostenibilità ambientale e sociale, incidendo sulla reputazione aziendale e quindi sul brand, diventa una leva competitiva che porta, tra le altre cose, distintività rispetto alla concorrenza con evidenti ritorni sul fatturato e sui margini se messa a sistema, interiorizzata e non gestita come strumento tattico o momento one-shot. Si prospetta in questi ultimi anni una via, molto concreta, che offre una soluzione reale ai cambiamenti di scenario e di paradigma fin qui delineati nel business delle aziende. È il modello della sustainable corporation ovvero quell’azienda che fonda la sua azione su mission, filosofia, valori, strategie, politiche, processi, interazioni, relazioni e prodotti fortemente orientati alla sostenibilità ambientale e sociale.
Abbracciare la sostenibilità è un processo che richiede all’azienda il rimettere in gioco una visione consolidata del proprio essere e del proprio operato, che richiede investimenti, che richiede partecipazione, che richiede tempo. E quest’ultima variabile rappresenta un aspetto chiave. Per essere sostenibili non basta schiacciare un interruttore, serve un progetto di lungo periodo. Serve tornare a traguardare il pensiero strategico dell’azienda su un arco temporale più ampio. Serve uscire veramente da uno degli aspetti più paludosi che ha segnato la crisi (e più in generale
il cambio di paradigma) di questi anni: il pensare (quasi) solo al day-by-day.
Ovvio questi anni sono stati realmente duri, per molte aziende la sopravvivenza è stato l’unico e forzato obiettivo. Ma è giunta l’ora di ripensare al futuro. Per questo la sostenibilità può rappresentare un’ulteriore opportunità. Il tempo, inoltre, rappresenta una variabile da non sottovalutare perché nel contesto attuale le rivoluzioni sono rapide e repentine.
La domanda non è ‘se’ la sostenibilità diventerà un aspetto dirimente della competitività di un’azienda, è ‘quando’.