Pausa caffè: non indennizzabile l’infortunio in itinere
Segnaliamo la sentenza della Cassazione n. 32473 del 08.11.2021 sulla delicata tematica dell’infortunio in itinere. La sentenza è importante perché torna a ribadire un principio relativo alla nozione di occasione di lavoro e rischio elettivo.
Gli infortuni avvenuti per causa violenta ed in occasione di lavoro, da cui sia derivata la morte o un’inabilità permanente o temporanea sono indennizzati secondo quanto previsto dall’art.2 d.p.r. 1124/1965 modificata nel 200 dall’art.12 del d.lgs.38, con cui il legislatore ha introdotto anche l’indennizzabilità dell’infortunio in itinere, consistente nella tipologia di infortunio che si verifica lungo il normale tragitto che il lavoratore compie spostandosi dal luogo della sua abitazione a quello di lavoro e viceversa e da un primo luogo di lavoro ad un altro (in caso di più rapporti di lavoro) oppure dal luogo di lavoro a quello di consumazione abituale dei pasti, qualora in azienda manchi il servizio di mensa.
Tutti questi spostamenti sono coperti dalla normativa richiamata in caso di infortunio
La sentenza affronta un caso diverso ma che andava normato almeno in giurisprudenza, il caso posto alla Cassazione era relativo ad una lavoratrice allontanatasi dal luogo di lavoro per una pausa caffè e durante il tragitto a piedi, dal posto di lavoro al bar, cadeva rompendosi un braccio. A seguito del diniego da parte dell’INAIL, la lavoratrice presentava ricorso per ottenere l’indennità per inabilità assoluta temporanea oltre all’indennizzo per il danno permanente subito, il quale veniva accolto con sentenza confermata in Appello.
Contro tale sentenza ricorreva in Cassazione l’Inail, contestando la falsa applicazione dell’art.12 del d.l.g. 38/2000, nonché la violazione dell’art.2 del T.U..
Ebbene la Cassazione ha accolto il ricorso dell’Inail dando quindi definitivamente torto alla lavoratrice e indicando (ancora una volta nella sua giurisprudenza) che, affinché sia ipotizzabile l’occasione di lavoro e l’infortunio sia quindi risarcibile, è necessario che vi sia un nesso tra attività lavorativa e rischio, non potendo essere indennizzabile il rischio elettivo, cioè quel rischio che il lavoratore assume arbitrariamente per soddisfare esigenze personali, affrontando volutamente una situazione diversa da quella inerente all’attività lavorativa, interrompendo così ogni nesso causale fra lavoro, rischio ed evento.
La sentenza è importante per tutti quei lavoratori che hanno un grado di autonomia e decisione tale da influenzare il nesso tra infortunio e causa di lavoro, proprio come i Quadri direttivi.
La Corte ha sancito infatti che non può essere ricondotta alla nozione di “occasione di lavoro” l’attività non intrinsecamente lavorativa che non sia richiesta dalle modalità di esecuzione imposte dal datore di lavoro o in ogni caso da circostanze di tempo e di luogo che prescindano dalla volontà di scelta del lavoratore. La pausa caffè rientra in questi casi, ritenuta un’attività estranea alla prestazione lavorativa e finalizzata a soddisfare un’esigenza certamente procrastinabile e non impellente. Per la lavoratrice non è bastato il dimostrare che l’allontanamento fosse solitamente tollerato dai superiori gerarchici, non potendo una mera prassi, o comunque una qualsiasi forma di accordo tra le parti, allargare la nozione di occasione di lavoro che ha rilevanza pubblicistica.
Per approfondimenti: sentenza Cassazione n. 32473 del 08.11.2021, rel. Calafiore