Generazioni a confronto: come influisce l’età sul posto di lavoro?
A partire dalla fine del XIX secolo, sulla base delle comuni esperienze culturali, alle generazioni è stato attribuito un nome: Generazione perduta, Greatest Generation, Baby Boomers, e così via.
Oggi, sul posto di lavoro, almeno quattro di queste differenti generazioni si trovano a coesistere e collaborare.
Le quattro generazioni includono:
- Baby Boomers, nati dal 1946 al 1964
- Generazione X, nati dal 1965 al 1979
- Millennials, nati dal 1980 al 1995
- Generazione Z, nati dal 1996 al 2010
Lo sviluppo tecnologico avvenuto tra la nascita dei Baby Boomers (e dei loro mentori) e la Gen Z è stata così vasta da creare due esperienze di vita completamente diverse. Quando i Baby Boomers iniziavano a lavorare per la prima volta avere un computer sulla propria scrivania era l’eccezione, non la regola. Al contrario, i Millennials e la Generazione Z non hanno mai conosciuto un mondo senza laptop.
Ciò si traduce in aspettative diverse. Cui dovrebbero corrispondere diverse strategie di attraction e retention dei lavoratori. La domanda è:cosa serve per trattenere un lavoratore? E allo stesso tempo: cosa soddisfa le differenti generazioni?
Mentre simili quesiti si affollano nella mente, è opportuno tenere presente un dato. Entro il 2025, i Millennials costituiranno la maggior parte della forza lavoro globale.
Appare dunque strategico chiedersi, come primo step, quali siano i desiderata di tale generazione. Il cambiamento climatico è sicuramente una delle principali preoccupazioni di Millennials e Generazione Z. Ma le questioni sociali che stanno a cuore a Millennials e Gen Z non finiscono qui: dai datori di lavoro si aspettano una netta presa di posizione in termini di disuguaglianza di reddito, salute pubblica, diversità e inclusione.
Per tali ragioni, ai valori dichiarati dalle aziende dovranno, ogni giorno di più, far seguito azioni pratiche a sostegno degli stessi. Solo così le aziende potranno garantirsi una prima, potente, leva di attraction delle nuove generazioni.
Un’indagine di Deloitte ha poi rilevato un altro dato che vale la pena approfondire: la metà dei Millennials e della Generazione Z è preoccupata per la propria salute finanziaria a lungo termine. La maggior parte degli intervistati teme un peggioramento o una stagnazione della propria situazione finanziaria nel prossimo futuro e si sta attivando per prevenire il peggio.
In qualità di datori di lavoro, sembra un buon momento per ampliare l’offerta di vantaggi in termini di risparmio previdenziale e coaching sulla gestione del denaro. Millennials e Gen Z apprezzeranno molto le aziende che possono aiutarli a sviluppare un senso di sicurezza attorno al proprio futuro finanziario.
E per quanto riguarda le modalità di lavoro? Come vivono, per esempio, lo smart working le diverse generazioni? Ecco, qui l’età fa la differenza.
Da un lato è stato dimostrato che la produttività non è calata con l’adozione del lavoro da remoto, ma anzi è spesso aumentata, i costi sono stati ridotti, l’inquinamento è diminuito, i lavoratori – pur in una situazione drammatica, come quella della recente pandemia – hanno ottenuto maggiore autonomia e libertà. Dall’altra qualcuno non ha gradito, per nulla.
Per i più “grandi” della Gen Z, la pandemia è arrivata in un periodo particolare della loro vita, quello del passaggio all’età adulta. Il primo stage, il primo lavoro, il primo stipendio. Sono stati costretti all’isolamento nel momento in cui dovevano fiorire le relazioni, le connessioni, i contatti. A livello lavorativo è una perdita difficile da accettare. Anche perché molti quel primo lavoro non l’hanno proprio trovato.
E mentre la disoccupazione della Generazione Z è in aumento, cresce anche il numero di Baby Boomers che va in pensione.
È possibile che la pandemia abbia contribuito ai recenti pensionamenti: l’emergenza sanitaria presenta un grave rischio per la salute. Chi era già diretto alla pensione, in molti casi, ha deciso di intraprendere quella strada prima del previsto.
I Boomers lontani dalla pensione, invece, stanno passando a ruoli di consulenza o al lavoro da freelance.
Emergono dunque due strade diverse ma complementari: una generazione di giovanissimi che – pur tecnologicamente consapevole – cerca la presenza, e una generazione meno esperta di digitale che desidera l’autonomia.
Le aziende dovrebbero tener conto di queste tendenze e garantire ai dipendenti Boomers gli strumenti e la formazione necessari per avere successo in un ambiente di lavoro sempre più tecnologicamente avanzato, sostenendone poi il pensionamento, e offrire più occasioni di contatto ai dipendenti junior, che lamentano una perdita di contatto umano.