Novembre 24

Welfare aziendale: il valore delle nuove forme di lavoro

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Pubblicato il 6° Rapporto Censis-Eudaimon sulle nuove forme di lavoro. Il quadro rilevato dal Censis lascia aperti molti dubbi sulla strada intrapresa dal nostro paese nella qualificazione del lavoro.

Gli occupati tra i 15-34enni sono diminuiti del -7,6% e quelli di età 35-49 del -14,8%, mentre i 50-64enni sono aumentati del 40,8% gli over 65enni del 68,9%. Nel 2022 tra gli occupati i 50-64enni sono 8,3 milioni, oltre 3 milioni in più dei 15-34enni. Nel 2040 si stima che il totale delle forze di lavoro caleranno
dell’1,6%
. Ecco gli impressivi effetti della regressiva demografia italiana sul mondo del lavoro. Basti pensare che nel 1951 gli anziani erano l’8,2% del totale della popolazione ed i 0-14enni il 26,1%, nel 2022 gli anziani il 23,8% e i giovani il 12,7%. Nel 2032 gli anziani saranno il 28,5% e i giovani l’11%.
Una dinamica accelerata dal crollo del numero di nuovi nati in un anno: nel periodo 2002-2021 si registra -25,6%, poiché erano 538.198 e sono diventati 400.249. È il capovolgimento della struttura per età della popolazione, con la crescita progressiva del numero degli anziani e la parallela contrazione di quello dei più giovani, fenomeno decisivo che condinziona anche il mondo del lavoro.
La fluidità del mercato del lavoro è dimostrata anche dall’analisi dei dati delle dimissioni e assunzioni. Nei primi nove mesi del 2022 le dimissioni dal lavoro sono state quasi 1,7 milioni, con un balzo del 21,9% rispetto allo stesso periodo del 2021. Non solo: il dato è ormai superiore del 30,1% a quello dello stesso periodo del 2019, cioè l’ultimo anno pre Covid.
In parallelo sono aumentate le attivazioni salite a oltre 9,6 milioni, con +14,6% rispetto allo stesso periodo 2021 e +6,2% rispetto a 2019.
Il dinamismo del mercato del lavoro rispecchia il rapporto soggettivo prevalente con il lavoro degli italiani in questa fase poiché il 46,7% degli occupati se potesse lascerebbe l’attuale lavoro. Cambierebbero lavoro oltre il 50,4% dei giovani, il 45,8% degli adulti ed il 6,3% degli anziani.
Siamo anche un paese dove sono bloccate le carriere, la crescita interna all’azienda, una volta tanto vantata dalle imprese familiari che sono l’odssatura su cui ancora si regge la nostra economia, si è ormai appiattita. Il 65% degli occupati dichiara che nel suo lavoro le opportunità di carriera, di progressione sono insufficienti: vive tale situazione il 52,6% dei giovani,
il 70,3% degli adulti ed il 62,1% degli anziani. Ritengono di avere tetti praticamente insormontabili nella carriera il 52,5 % dei dirigenti, il 61,2% degli Quadri ed il 79% degli operai. E poi il 51,6% dei laureati, il 63,5% con il diploma e l’81,5% con al massimola licenza media. Senza grandi opportunità di carriera poi si sentono il 90,3% di chi lavora nelle imprese più piccole fino a 9 dipendenti e il 65,5% nelle più grandi.
Il rapporto si chude con una analisi del welfare aziendale come insieme composito di dispositivi di integrazione al reddito ed ai consumi e di soluzioni di welfare propriamente detto, nei prossimi anni sarà sempre più sfidato sul fronte della ri-motivazione al lavoro e della capacità di migliorare la qualità della vita di chi lavora.
Infatti, nell’attuale mercato del lavoro fatto di eccesso di domanda sull’offerta e di allentamento dell’investimento soggettivo nel lavoro, il welfare aziendale diventa strategico per le aziende per potenziare la propria capacità di trattenere e attirare lavoratori.
E’ il nuovo terreno di sfida per i responsabili HR nelle aziende, chiamati a misurarsi sempre più con un mercato del lavoro segnato dalla rarefazione dei lavoratori e dalla connessa competizione tra aziende. Il welfare aziendale quindi è, e sarà sempre più, uno degli strumenti decisivi per i responsabili HR per rimotivare chi è in già in azienda e per attrarre nuovi lavoratori.

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