Dicembre 24

Fondi pensione: dopo il crac di Credit Suisse cosa fare?

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Non bastava l’inflazione nella tempesta perfetta sui fondi pensioni, ora il mare è ancora più agitato con l’onda lunga della crisi dei mutui subprime ed in più il crac Credit Suisse. Insomma per i fondi pensione più dubbi che certezze. Nel leggere i prospetti periodici inviati agli iscritti molti hanno compreso che dentro le banche ci sono anche i fondi d’investimento e pensione perché i fondi sono diventati uno degli strumenti principi per la facile raccolta di denaro nelle banche. Lo scambio doveva essere: solidità dell’investimento nel settore bancario contro garantire rendimenti e crescita del capitale per gli iscritti. Purtroppo questo non sta più avvenendo. Per gli analisti sentiti da Infoquadri lo scopo di garantire una pensione complementare da ritorni strabilianti rischia ora di saltare per aria ed il crac di Credit Suisse è solo la punta dell’iceberg di un sistema che non funziona più. E già preoccupanti avvisaglie erano arrivate lo scorso anno con il salvataggio dei fondi pensione inglesi da parte della Bank of England. I gestori dei fondi hanno informato con chiarezza i loro iscritti della situazione generale e il meccanismo di non uscita dai fondi negoziali mette al sicuro da una fuga massiva ma le conseguenze si percepiranno sui patrimoni (in diminuzione) e sui rendimenti. E quando i lavoratori si accorgeranno che affidare il Tfr ai fondi pensione non rende quanto promesso si creerà un effetto di disaffezione verso la previdenza complementare, già oggetto di attacchi per le modalità di gestione (guarda caso sempre in mano di banche e assicurazioni). Nel 2022, infatti, i risultati dei fondi pensione hanno risentito del rialzo dei tassi di interesse, che a sua volta ha determinato un calo improvviso dei corsi dei titoli obbligazionari. I rendimenti netti sono pertanto risultati negativi a -9,8% per i fondi negoziali e a -10,7% per i fondi aperti; e addirittura a -11,5% nei PIP di ramo III. Nel frattempo il Tfr si è rivalutato del 8,3% (fonte investireoggi). tutto questo sta portando sempre meno lavoratori verso la previdenza complementare, le adesioni in Italia restano molto contenute e soprattutto i giovani preferiscono tenersi stretto il Tfr.

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