Pensioni: il dramma della sostenibilità, ultimi 20 anni 2,4 milioni di lavoratori in meno
A leggere il rapportò “Le pensioni di domani” del Centro Studi sul Management ed il Lavoro si rimane molto, troppo, preoccupati del fatto che sul tema della sostenibilità del sistema pensionistico si parla poco e la politica ancora meno si impegna. Elaborando venti anni di serire storiche dell’ISTAT e guardando i conti di gestione dell’INPS per lo stesso periodi, i ricercatori del Cesmal hanno messo in chiaro alcune interessanti eijnformazioni che riportiamo come contributo alla conoscenza di un tema che riguarda tutti: giovani, meno giovani, lavoratori di oggi e pensionati. In Italia l’occupazione complessiva negli ultimi venti anni appare una crescita di 1,1 milioni di unità, le persone attualmente occupate tra i 15 e i 34 anni sono appena 5,3 milioni con un calo di quasi 2,4 milioni (2.366.000 unità) rispetto a luglio 2004, ovvero l’anno in cui è iniziato questo tipo di calcolo delle serie storiche. Continua inesorabilmente a invecchiare la forza lavoro nel nostro paese a causa anche del calo demografico e degli intervemnti di mancata fuoriuscita dei più amnziani a cui, riforma Fornero fra le tante, si impedisce di uscire dal mondo del lavoro anche in presenza di redditi o anni di anzianità elevati.
Secondo i recenti dati dell’Istat e i conti pruriennali dell’INPS i ricercatori hanno descrittoun mercato del lavoro che seppur delinea una leggera crescita è mutato in peggio nella composizione tra le classi di età.
Il tasso di occupazione per la fascia di età che va dai 50 ai 64 anni è incrementato di quasi venti punti percentuali, passando dal 42,3% al 63,3%. con un aumento di 1,3 punti solo nell’ultimo anno. I lavoratori in questa fascia sono cresciuti di trecentomila unità nell’ultimo anno e sono a luglio 2023 8,66 milioni, ancora più preoccupante è che rappresentano il 49,5% di tutti i neoassunti nel periodo. Il crollo è nei lavoratori giovani, nella fascia i 15 e i 24 anni si è passati dal 28% di venti anni fa al 20,6% di quest’anno e nella fascia tra i 25 e i 34 anni dal 70,5% al 67,7%. Cresce con consistenza il numero degli over 50: a luglio 2023 risultano 9,4 milioni a fronte dei 4,8 milioni del luglio 2004 (+4.559.000 unità). Tra i 50 e i 64 anni lavorano 8.667mila persone e 735mila lavoratori hanno almeno 65 anni. Nella fascia tra i 35 e i 49 anni, i cui lavoratori sono passati da 9,8 milioni a quasi 8,76 (circa 1,1 milioni in meno) ma il tasso di occupazione in questa fascia è lievemente aumentato passando da 75,6% di luglio 2004 al 76,2% del mese scorso.
Il lavoro dei ricercatori del Cesmal si conclude con l’analisi dei bilanci dell’INPS. INPS è l’ente pubblico con il bilancio più rilevante nel settore pubblico, dopo quello dello Stato, e il volume del flusso finanziario complessivo nel 2022 è stato di 860 miliardi di euro. Numeri enormi: 22,5 milioni sono i contribuenti, 1,5 milioni le aziende iscritte, 15,5 milioni i beneficiari di trattamenti pensionistici e 4,8 milioni i beneficiari di prestazioni a sostegno del reddito. Andando a scavare nelle voci di bilancio, si nota che circa il 90% della spesa pensionistica è imputato alla componente assicurativa (nel 1995 era del 86% circa), voce in cui vengono ricomprese tutte le prestazioni che sono erogate a fronte di un passato versamento contributivo, a prescindere però dall’entità della contribuzione e dal legame attuariale con la prestazione vista la prevalenza del calcolo retributivo (vecchiaia, reversibilità, invalidità INPS, invalidità INAIL, prepensionamenti); circa il 3% della spesa pensionistica ha riguardato interventi redistributivi a favore delle prestazioni di tipo assicurativo, la cui erogazione è condizionata generalmente all’individuazione di situazioni di disagio economico (es. integrazioni al minimo, quattordicesima, maggiorazioni di prestazioni previdenziali; dato che nel 1995 era dell’11% circa); infine, circa il 7% della spesa è stato imputato a prestazioni che per essere erogate non richiedono il versamento di contributi sociali.