Speciale Fusione & Acquisizioni: a chi resta il cerino in mano?
Il Censimento permanente delle imprese effettuato dall’ISTAT nel 2019 fa emergere chiaramente la tendenza verso un aumento della dimensione media delle imprese nel sistema produttivo italiano. Tra il 2011 e il 2018 si è rilevata una diminuzione dell’1,3% del numero di imprese (-13 mila) e un incremento dell’1,3% degli addetti (+160mila). E’ aumentato il peso occupazionale delle imprese di grandi dimensioni (con 250 e più addetti). L’etichetta M&A (dall’inglese Mergers & Acquisitions) è riferita ad operazioni di finanza straordinaria che comportano acquisizioni, cessioni o fusioni tra le imprese. I soggetti interessati a queste operazioni possono essere principalmente di due tipi: a) imprese e gruppi; b) fondi di private equity.
Un’impresa o un gruppo intraprende queste operazioni per finalità connesse al perseguimento di specifiche strategie produttive o di mercato. Infatti, un gruppo che acquisisce un’impresa, si pone generalmente l’obiettivo di incrementare e consolidare le proprie attività tramite sinergie con l’impresa acquisita. Un fondo di private equity, pur agendo per incrementare il valore dell’azienda, ha come obiettivo principale quello di massimizzare il ritorno dell’investimento effettuato nel medio termine (3-5 anni); ciò è ottenuto massimizzando la differenza fra il valore di acquisizione e il valore al momento dell’uscita (exit). Le imprese italiane mostrano una tendenza sempre maggiore ad utilizzare varie forme di collaborazione e di aggregazione. Dai primi anni del 2000 ad oggi, in Italia sono state registrate quasi 40.000 operazioni di finanza straordinaria in cui almeno una delle parti coinvolte nell’accordo, acquirente o venditore, è un’impresa con sede principale nel territorio italiano. Su queste operazioni, le fusioni e acquisizioni di impresa rivestono un peso significativo rappresentando il 41% del totale, che corrisponde a oltre 16.000 operazioni in termini assoluti.
Nel corso del primo semestre del 2023 sono stati registrati 531 acquisizioni con target in Italia, con un volume complessivamente investito – almeno per quelle operazioni dove era noto il valore dell’acquisizione – pari a circa 25 miliardi di euro. È quanto emerge dall’EY M&A Barometer, analisi sull’andamento delle fusioni e acquisizioni in Italia nel primo semestre dell’anno in corso. Il dato relativo ai primi sei mesi dell’anno esprime una contrazione del 14% in termini di numero di operazioni e del 25% a valore rispetto alle 619 transazioni per 33,6 miliardi di euro annunciate nello stesso periodo dello scorso.
Si possono categorizzare due tipologie di fusione societaria: la fusione in senso stretto nella quale le società coinvolte scompaiono per dare vita a un nuovo organismo, detto anche newco (è il caso di Stellantis); la fusione per incorporazione in cui una incorpora, appunto, l’altra o le altre (ad esempio, Nexi). In entrambi i casi, l’operazione di fusione può interessare aziende di natura identica, come possono essere le società per azioni, e allora si parlerà di fusione omogenea, oppure con assetti societari differenti, e la fusione quindi sarà eterogenea. Le fusioni, inoltre, possono essere definite orizzontali, se le aziende appartengono al medesimo settore; verticali, qualora rientrano nella stessa filiera produttiva; conglomerate in tutti gli altri casi. Anche le operazioni di acquisizione possono essere di diverso tipo. Si distinguono in Leveraged buy-out (LBO), Management buy-out (MBO) e Management buy-in (MBI). Le operazioni LBO consistono nell’acquisto di una società ricorrendo a un forte indebitamento che si punta a coprire con gli utili futuri o mediante la vendita dell’attivo patrimoniale della società acquisita, detta società target. Le acquisizioni MBO vedono i dirigenti stessi dell’azienda target acquisire il pacchetto di controllo della società tramite un finanziamento esterno per la cui garanzia si offrono le attività dell’impresa acquisita. Un’operazione MBI, invece, è effettuata da parte di un gruppo di manager esterni all’azienda target, operazione per la quale, anche in questo caso, viene utilizzato un finanziamento di terze parti. Infine va ricordato che nel caso in cui l’acquisizione della maggioranza riguardi una società quotata in borsa, è obbligatorio il lancio di un’Offerta Pubblica di Acquisto (OPA). L’anno scorso in Italia sono state 21 le OPA lanciate, per un controvalore complessivo pari a circa 9 miliardi di euro. Tra quelle chiuse con maggiore successo è stata registrata l’OPA di Generali su Cattolica Assicurazioni, per un controvalore di 1,2 miliardi di euro.
Cosa succede ad un Quadro di una azienda acquisita?
Facile il compito del giornalista nello scrivervi che i dipendenti sono coloro che fanno le spese di questo processo molto fluido di fusioni e acquisizioni, perché chi una azienda, oltre che i clienti, si tiene solo i più qualificati, quelli che il know-how lo portano nelle linee di produzione; gli altri vanno a casa, come i ruoli duplicati per i quali il destino è la NASpI, dopo il licenziamento intimato per cessazione della posizione o del ramo d’azienda. Nella regia di queste operazioni ci sono pieghe per azioni congegnate in modo tale che non si configuri un trasferimento di azienda o di un ramo di essa, che comporterebbe la continuità del rapporto di lavoro di tutti di dipendenti con l’acquirente come previsto dall’art. 2112 del Codice civile, o forme ibride (ricordiamo il caso Conad / Auchan).
Eppoi è alto il rischio che la fusione/acquisizione fallisca (il 50% dei casi secondo le ricerche più accreditate) ed allora a sparire è l’intera azienda.
Abbiamo approfondito il tema del ruolo del middle management nelle fasi di acquisizione e fusione di aziende.
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