Dicembre 24

Social network e lavoro: il licenziamento è sempre più la sanzione applicata

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Like, messaggi, emoticon e post sempre più al centro dei controlli dei datori di lavoro e parimenti aumentano le sentenze che trattano il tema. La giurisprudenza negli anni ha scritto i confini della privacy in ambito lavorativo anche affrontando il tema dell’utilizzo dei social network in orario di lavoro. Ultimo esempio è relativo ad una addetta alla mensa scolastica aveva criticato su Facebook la qualità del cibo somministrato, mettendo addirittura in dubbio l’onestà dei consiglieri comunali che avevano effettuato l’ispezione. La vicenda ha visto soccombente la lavoratrice fino alla Corte di Appello che ha sancito che il datore di lavoro può controllare i profili social dei dipendenti e sanzionarli se i post sono offensivi o scritti durante l’orario di lavoro. Si tratta infatti di pagine pubbliche che possono ledere l’immagine aziendale (Corte di appello di Catanzaro, 1352 del 28/12/2021).
Così può essere licenziata la dipendente che indossa la divisa da lavoro e gira un video su TikTok lamentandosi del fatto che «sia solo mercoledì» accompagnando il racconto da emoticon con gli occhi sbilenchi e la lingua di fuori (Tribunale di Roma, 6854 30/06/2023).Ritenuto anche legittimo il licenziamento di un lavoratore anche per commenti denigratori diffusi in chat a cui erano iscritti utenti fra cui fornitori e figure apicali di compagnie concorrenti. Per il giudice anche il solo uso di emoticon, come quelle di “applauso – braccio muscoloso – faccia sorridente”, idonee da sole a sostenere e condividere frasi offensive rivolte al datore di lavoro è sufficiente al licenziamento. Tramite i social network si può porre in essere dei comportamenti che possono essere valutati negativamente dai propri capi o superiori gerarchici e questo deve essere sempre tenuto presente e che possono, dunque, condurre a serie conseguenze sul lavoro, ivi compreso il licenziamento disciplinare, questo perché ogni lavoratore, anche se dotato di autonomia funzionale come un Quadro è soggetto all’esercizio di tre poteri del datore di lavoro: il potere direttivo, che si sostanzia nel dare direttive e ordini al lavoratore relativi alle modalità di esecuzione della prestazione di lavoro; il potere di controllo, nello svolgimento del lavoro per verificare se stia realmente attenendo alle direttive ricevute ed alle norme imperative legate alla mansione; il potere disciplinare, oche gli consente di “sanzionare” chi non fa correttamente il proprio dovere tramite l’applicazione di sanzioni disciplinari previste dai contratti collettivi di lavoro. Tutte le sentenze vanno in una direzione molto chiara: l’uso dei social network espone il lavoratore a delle possibili conseguenze disciplinari. Ll lavoratore non può usare i social network durante l’orario di lavoro, anche per usi professionali, se non specificamente autorizzato ed il datore di lavoro può sanzionarlo per aver svolto, durante il lavoro, attività personali estranee al lavoro da svolgere. Peraltro, se il lavoratore ha usato i social network per il tramite degli strumenti informatici messi a disposizione dal datore di lavoro può insorgere un ulteriore profilo disciplinare soprattutto laddove vi fosse, in azienda, una policy aziendale sull’uso degli strumenti informatici che vieta espressamente ai lavoratori di accedere ai social. Anche se usati al di fuori del lavoro, i social network possono condurre al licenziamento se il lavoratore usa questi strumenti ad esempio esprimendo frasi offensive verso il datore di lavoro o divulgando informazioni sul funzionamento dell’azienda. A nulla valgono i richiami alla privacy del lavoratore in quanto anche il Garante della Privacy è intervenuto per confermare che è legittimo l’uso a fini disciplinari, da parte del datore di lavoro, di ogni manifestazione “tracciata” sui social network da parte del proprio dipendente.

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