Luglio 24

Vera Buonomo: UIL lavora per la tutela del potere d’acquisto dei salari e per una vera rappresentanza

0

Vera Buonomo, segretaria generale UIL in apertura del suo intervento al convegno del 15 maggio scorso alla Camera dei Deputati, sala Matteotti su MIDDLE MANAGEMENT. L’evoluzione del ruolo dei quadri e delle elevate professionalità in Italia ha detto che la forza di un sindacato moderno, in un momento storico particolare in cui si cercano situazioni e soluzioni condivise è quella di interpretare bene le preoccupazioni dei lavoratori e delle lavoratrici ad ottenere i risultati che siano effettivi perché un sindacato, prima di ogni altra cosa, oltre alle relazioni, deve tutelare i lavoratori e le lavoratrici tutti non soltanto i propri iscritti.

“Noi ci stiamo muovendo in un momento storico in cui il mercato del lavoro è in continua evoluzione, un’evoluzione che giorno dopo giorno ci mette a confronto con nuovi lavori, con nuovi mestieri e quelle che erano le competenze che durante un percorso di studi potevano essere acquisite venti anni fa e ci consentivano comunque, consentivano ad ognuno di noi di avere e aspirare ad una lavoro dignitoso, giustamente retribuito e quindi anche ad una carriera per il futuro, per la costruzione di un futuro, oggi sono superate in diciotto, massimo ventiquattro mesi e la carenza di investimento in formazione determina anche, in un certo qual modo, un blocco dell’ascensore sociale e una una diseguaglianza io dico non solo di carattere economico e sociale io penso che ci sia anche una diseguaglianza nelle opportunità che vengono date ai lavoratori e le lavoratrici anche nella progressione della carriera.

Leggevo un rapporto Istat di qualche giorno fa che diceva che nella formazione continua un giovane su tre dai 18 ai 25 anni dichiara di non aver mai partecipato a un corso di formazione, questo riguarda sia le aziende private che quelle pubbliche perché poi nel pubblico c’è anche il problema di formazione continua e questo determina una percentuale del 31% in Italia, raffrontandola a quella degli altri paesi dell’Europa, siamo dieci punti al di sotto. Mi dispiace che è andato via il capo segreteria di Durigon, si potrebbe parlare anche di quello che è l’investimento che questo paese fa nella scuola, mi sembra molto difficile parlare di futuro e di investimento nelle nuove generazioni, però questo aprirebbe una voragine in cui cadere e difficilmente poter venir fuori, però di fatto la formazione e l’investimento nel le nuove generazioni dare una sicurezza ai giovani che si affacciano adesso al mondo di lavoro, dopo un percorso di studi o un percorso professionale è molto difficile, quindi si capisce anche come è complesso il lavoro che fanno i sindacati confederali quando insomma si siedono nei luoghi della contrattazione, devono tener conto di tutte queste di questi elementi. Si faceva anche riferimento all’intelligenza artificiale Io penso che anche in passato a differenza delle rivoluzioni tecnologiche che ci sono state, che abbiamo affrontato, che abbiamo governato, l’intelligenza artificiale a parte dividere tra chi è a favorevole e chi è contro, ci dovrebbe mettere di fronte invece ad un’assunzione di responsabilità, potrebbe sicuramente capovolgere completamente il concetto della subordinazione che è quello che più conosciamo nel mondo del lavoro e quindi secondo me investire su chi per responsabilità, per competenze per capacità anche di gestione del team del proprio lavoro, del

lavoro degli altri, ha la capacità di indirizzare in modo corretto quel famoso algoritmo che conosciamo, sarebbe utile anche a governare l’intelligenza artificiale così come viene raccontata e penso che queste forme di lavoro, il lavoro da remoto, quello su piattaforma digitale oltre che l’intelligenza artificiale sono già per noi come sindacato molto sfidanti, perché ci pongono di fronte spesso anche a dei problemi di approccio, perché spesso non solo per la contrattazione, sono molto fluidi, sono molto difficili anche da tutelare anche perché è difficile individuare chi è il datore di lavoro  realmente e quali sono i lavoratori che ruotano intorno a quel meccanismo. Per noi sono sfide continue che ci mettono di fronte a delle responsabilità, però io penso che ci dobbiamo imporre una regola fondamentale nell’approccio sia con queste nuove forme di lavoro, sia con queste categorie che che evidentemente non sono abbastanza prese in considerazione o non sono abbastanza tutelate, cioè dobbiamo chiederci intanto dove stia andando questo paese, tenere il conto oltre che della pandemia e dei suoi effetti e di quella che è la situazione geopolitica che ci circonda, noi dobbiamo capire dove il paese decide di investire, anzi quali sono gli asset strategici su cui il paese vuole investire e soprattutto quali sono quelli su cui sceglie scientemente di non investire, perché da lì che noi possiamo cominciare a fare una discussione e capire dove dobbiamo invece intervenire.

E questa discussione che facciamo oggi penso che è una discussione che vada fatta e che vada fatta anche senza senza ipocrisia senza dietrologia perché qui ora può venir fuori anche un’altra riflessione e cioè che se vogliamo investire e vogliamo ottenere il risultato di valutare e rivalutare le competenze e le peculiarità e le specificità di lavoratori e lavoratrici e quindi nello specifico i quadri, di cui parliamo oggi, dobbiamo anche però ricordarci che noi in questo momento viviamo un periodo in cui non c’è investimento sul potere d’acquisto dei lavoratori e delle lavoratrici; ci sono degli stipendi falcidiati dall’inflazione che non consentono di mettere in moto l’economia, che venga raccontato con dei salari che sono in perdita e non crescono negli ultimi trenti anni, a differenza, per esempio, della crescita della Francia del 33%, del 38% della Germania, non voglio nemmeno ricordare qual è la percentuale degli Stati Uniti d’America perché sarebbe veramente imbarazzante e questo lo ripeto è una vera e propria caduta nel mezzo una caduta nel mezzo che necessita un’assunzione di responsabilità, perché questa disuguaglianza economica nelle opportunità di questo momento storico particolare presenta proprio un blocco dell’ascensore sociale se quaranta anni fa, trenta anni fa i desiderata di un operaio metalmeccanico erano quelli che il proprio figlio si laureasse per diventare un dirigente o per fare carriera in una grande azienda, magari proprio nella multinazionale nella quale il lavoratore, l’operaio metalmeccanico, aveva lavorato quaranta anni adesso i giovani e i figli della mia generazione ma probabilmente anche di quella precedente alla mia devono sperare di trovare un posto in un call center, che, con tutto il rispetto per il call center, nasce come un lavoro transitorio invece molto spesso diventa il lavoro di una vita, senza parlare di sessantenni nei cantieri edili e di sessantenni addirittura che si dedicano a fare i Rider perché non trovano altra altro sbocco e altra soluzione. Quindi per me l’investimento per lo sblocco dell’ascensore sociale sulle nuove generazioni e sulle professionalità che abbiamo in Italia è importantissimo intanto per evitare che i giovani vadano fuori dal nostro paese e che trovino altri paesi dove vengono giustamente remunerati per le loro capacità e per le loro peculiarità. E poi perché se fingiamo di non vedere che molte aziende, molte imprese, molti datori di lavoro, decidono di chiamare delle professionalità qualche volta anche dal da oltre i confini italiani perché pensano che siano più capaci o perché pensano che abbiano una visione di insieme di sistema diverso ma che provengono da realtà economiche culturali e sociali completamente diverse dalla nostra, senza invece spingerli ad investire su quelle che sono invece le risorse, quindi le persone che hanno già in seno alla loro azienda, alla loro impresa, commettiamo un errore sicuramente, affrontiamo la questione in modo miope girandoci dall’altra parte. Allora l’attenzione nei confronti delle persone e all’interno della propria azienda è fondamentale anche perché i quadri e comunque chi si dedica a questo tipo di attività, chi ha questa posizione, ha a cuore più di qualsiasi altro manager che viene dall’estero la vita dell’azienda perché vuole assolutamente mantenerla in vita, perché vuole conservare il proprio posto di lavoro e quello dei propri colleghi, perché quindi sente il peso della responsabilità della tenuta di quell’attività, di quella produttività, di quell’azienda e quindi è probabile che più di chiunque altro insieme chiaramente a ai colleghi abbia la volontà di portare a termine e di raggiungere gli obiettivi che si prefiggono. Allora io credo che vorrei cercare di inquadrare poi la questione della rappresentanza, così come è stata un attimo richiamata, e cerco di trovare, di utilizzare i termini giusti. Il sindacato confederale, tutti i giorni, ogni giorno, si confronta in sfide sempre più complesse e l’organizzazione che rappresento, la UIL, ha già, nel corso degli anni passati, lavorato su una sorta di destrutturazione di alcuni alcune posizioni obsolete che non  guardavano nella direzione giusta ed è per questo che abbiamo deciso di fare una proposta che è completamente scevra da qualsiasi condizionamento politico e soprattutto che non si appassiona, che entra nel merito della questione della rappresentanza e che non non vuole creare alcun tipo di divisione perché è una proposta che va nella direzione di chiedere una legge di sostegno alla rappresentanza.  Chiedere una legge di sostegno al testo unico sulla rappresentanza del 2014, richiamando quegli accordi sottoscritti, assumendo quei criteri individuati proprio per misurare la rappresentanza dei sindacati, anche dei datoriali, e faccio un passo indietro nel tempo non per nostalgia, perché io tutto sono tranne che nostalgica,  semplicemente per inquadrare qual è la visione che abbiamo. Nel 1993, col protocollo Ciampi,si cominciò a parlare in modo deciso e chiaro del concetto di concertazione, indicando una una strada che era quella di coinvolgere in modo attivo e proattivo i sindacati confederali nelle scelte economiche, macroeconomiche e microeconomiche del paese. Adesso sembrerebbe follia, però è da lì che inizia questa scelta e quindi riguardando un attimo a quello che è accaduto precedentemente,  perché noi siamo la nostra storia in bene e in male, successivamente poi quella concertazione venne sostituita con il dialogo sociale e quindi si soppiantò, in un certo qual modo si sostituì, il concetto di partecipazione con quello di ascolto, che con il dialogo sociale oggi non è nemmeno ascolto ma è semplice comunicazione di un fatto di una decisione di una norma di una legge e quindi un’assenza totale di partecipazione, arrivando fino ad attraversare una stagione di disintermediazione con tantissimi governi. E tanti presidenti del consiglio che a giorni alterni decidevano di ridurre, di ridimensionare, il ruolo del sindacato confederale e qualcuno anche di cancellarlo completamente poi abbiamo visto quelle scelte quanto sono state infauste per chi le ha proposte, mia figlia direbbe “Quello è il karma” ed è un’altra cosa, diciamo che questo concetto della disintermediazione è un concetto che purtroppo viene richiamato molto spesso in quelli che sono i momenti di interlocuzione, che forse forse non sono nemmeno molto interlocutori e invece noi vogliamo cercare di mettere al centro della nostra azione politica e sindacale proprio la costruzione di ponti anche qui, non ponti come quelli di cui parliamo in questi giorni, ponti reali, ponti popolati e animati da relazioni soprattutto perché va ricordato, lo ricordo a me stessa e quindi nella mia Confederazione, questo è un mantra che l’agire del sindacato deve essere costantemente ispirato alla volontà di costruire relazioni, interlocuzioni, perché alcune volte anche i conflitti perché vengano risolti, perché si trovi una sintesi, sempre nel confronto di diverse idee, di diverse anime, si può ottenere una soluzione se c’è la volontà di ottenerla e quindi perché ho parlato di questa proposta perché penso che sia giusto opportuno utile che ricordare che se nel 1995 al CNEL appunto erano depositati 198 / 200 contratti collettivi adesso ce ne sono 1000, è una cifra che conosciamo tutti e di quei 1000 solo e utilizzo il “solo” con una ragione specifica, solo 220 circa sono quelli sottoscritti dai sindacati e quindi dalle confederazioni maggiormente rappresentative quindi, che per noi sono CGIL CISL e UIL, voglio dire, rappresentano una platea solo di 12 milioni di lavoratori e lavoratrici. Ora se quel “solo” 12 milioni e lavoratrici è un numero da non tener conto quando si ci siede attorno a un tavolo, non solo per la contrattazione ma anche per richiamare quel concetto di concertazione desueto che adesso è diventata una figura mitologica ma per non decidere ma socializzare affrontare quelle che sono le scelte, quegli che sono gli investimenti, quello che è il futuro del paese. Io penso che quelli sono dei numeri che devono essere presi in considerazione dei numeri, che devono assolutamente consentirci, e devono anche darci, una maggiore responsabilità devono consentirci di agire con la nostra autorevolezza, quella che abbiamo nei luoghi della contrattazione e che abbiamo quando ci confrontiamo con il resto del mondo e sono dei numeri che quindi devono consentire di capire chi fa cosa e chi rappresenta cosa e poi possiamo fare tutto il resto. Quindi questa idea, questa proposta, è una proposta che nasce dalla nostra storia e che va nella direzione anche di un’altra proposta e di un’altra scelta. Noi pensiamo come UIL che i tempi siano maturi anche per l’attuazione dell’articolo 39 della Costituzione proprio per il  raggiungimento di quella figura, un’altra figura mitologica, che è l’erga-omnes, rispetto all’efficacia erga-omnes dei contratti e quindi per raggiungere questo obiettivo, cioè quello di contrattare e rappresentare, riconoscendo ruoli, funzioni, peculiarità, specificità di tutti e di tutte è necessario intanto valorizzarle e valorizzarle tenendo conto che noi in questo paese abbiamo moltissime risorse e abbiamo moltissimi lavoratori e lavoratrici, qualsiasi siano le qualifiche, che hanno, che posseggono un valore aggiunto e l’auspicio è che da discussioni come queste si possa traguardare soprattutto un mercato del lavoro più responsabile, un mercato del lavoro che si occupi soprattutto della sostenibilità sociale, che guardi alla condizionalità sociale perché. Dobbiamo cominciare anche a dire, con senso di responsabilità che per investire sulle persone, per investire sul futuro, per investire sulla formazione, dobbiamo anche tener conto delle aziende e di come le aziende gestiscono i propri bilanci, come le aziende investono e che quindi le aziende che non si dedicano nel modo giusto e corretto a questi tipi di attività, dalla formazione, all’investimento nella crescita delle persone, sono aziende a cui l’attenzione di queste istituzioni quelle future non deve andare e quindi l’attenzione significa soprattutto condizionalità noi pensiamo che partendo da questo da questa scelta che abbiamo fatto della rappresentanza sia possibile investire in modo migliore e più responsabile sul futuro. La UIL è pronta sempre al confronto nel merito e sicuramente soprattutto è pronta a misurarsi senza timore per per ottenere questi risultati”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *