Stop blocco licenziamenti: cosa succede nelle piccole aziende
Il divieto, in vigore da febbraio 2020, nel licenziare (introdotto con le norme emergenziali di gestione della pandemia Covid19 è terminato il 1 novembre. Le imprese del terziario, artigianato, tessile, abbigliamento e pelletteria sono state le ultime a essere “liberate” ed in generale tutte l piccole imprese hanno ora libertà di ridefinire i propri organici adattandoli alla ripresa o non ripresa nei loro settori. La fine del blocco dei licenziamenti è stata accompagnata dalla decisione del governo di prorogare la cassa integrazione Covid tra il 1 ottobre e il 31 dicembre per un massimo di 13 settimane per le piccole imprese del terziario, commercio, artigiani, giornalisti (a condizione che abbiano già adottato 28 settimane previste nella precedente proroga), per un massimo di 9 settimane per tessile-abbigliamento-pelletteria (se hanno esaurito le 17 settimane precedenti). I datori di lavoro mentre usano la cassa Covid non possono licenziare, a meno di accordi collettivi raggiunti con i sindacati maggiormente rappresentativi sugli esodi incentivati, cessazione definitiva d’attività d’impresa o messa in liquidazione. Cosa ha rappresentato il blocco dei licenziamenti nelle piccole imprese? Il blocco dei licenziamenti ha protetto i lavoratori assunti a tempo indeterminato, fornendo un ombrello alla necessità di contrastare i cali di fatturato notevoli che si sono registrati nel periodo emergenziale pieno, ha avuto un impatto negativo sui lavoratori a tempo determinato e con contratti di collaborazione che non sono stati rinnovati. Secondo il Cesmal Centro Studi sul Management ed il Lavoro che ha compiuto una ricerca sentendo un campione di aziende con meno di 15 dipendenti, i più penalizzati sono stati i giovani e le donne ed in generale i lavoratori che hanno maggiore frequenza hanno contratti temporanei. Inoltre, per ammissione degli stessi imprenditori, è stato ostacolato il turn-over nelle aziende a scapito dei più giovani. Fortunatamente il trend di fatturato si è invertito da tempo in questo settore di imprese ed è quindi prevedibile una tenuta dell’occupazione nel medio periodo nelle piccole imprese che favorirà una nuova fase di assunzioni e la ripresa dei contratti temporanei.
Le incertezze sul futuro ci sono ma occorre considerare che sono sempre state parte della vita dell’impresa e non è certo con il cementare il rapporto di lavoro (senza possibilità di licenziare) che si risolvono i problemi di mercato delle imprese. Secondo molti influenti analisti delle dinamiche del lavoro ci troveremo in novembre, dopo la caduta del bloco dei licenziamenti, ad affrontare problemi più strutturali: quello dei lavoratori che sarebbero dovuti essere licenziati già da tempo e che si ritroveranno in massa senza un lavoro, a partire dal prossimo gennaio; i lavoratori che sono ormai parte di cicli produttivi inadeguati, con bassa scolarizzazione informatica. Sarà una situazione certamente problematica, soprattutto perché le aziende che ora che stanno riprendendo respiro e si stanno rimettendo in piedi non sembra possano accogliere nuovi dipendenti che non siano legati ai trend di digitalizzazione ed evoluzione che sono stati impressi nelle relazioni di mercato con la pandemia. I dati di questo periodo parlano di una diminuzione sostanziosa della disoccupazione, ma sempre secondo la ricerca del Cesmal è un dato temporaneo, poiché non tiene conto del blocco licenziamenti. I dati che sarà interessante leggere saranno quelli del 2022, e riporteranno la realtà per quella che è. Il governo sta intensificando gli sforzi nella digitalizzazione e modernizzazione, in un paese che sconta ritardi strutturali come l’Italia, sembra utopia, eppure se c’è un insegnamento che il Covid ci ha dato è quello del saper approcciare le nuove tecnologie, trasformando in un futuro sostenibile la tradizione artigiana, creativa e imprenditoriale del passato. La digitalizzazione ha impresso una accelerazione impressionante anche su fasce di popolazione che non avevano cultura digitale e in imprese fortemente legate a cicli produttivi degli anni settanta, sarebbe un peccato non sfruttare questo trend, anche per trovare e offrire nuovi posti di lavoro.