Novembre 24

Organizzazioni e cultura della salute: attenzione allo stress lavorativo!

Intervista a Carmelo Orsi

Il dott. Carmelo Orsi, Nutrizionista, si occupa da sempre di Alimentazione, Igiene e Educazione alimentare, Bioenergetica, Psiconeuroendocrinoimmunologia, Programmazione Neuro Linguistica e… Psiconutrizione, intesa come la naturale conseguenza delle emozioni e/o dello stress sul comportamento alimentare. In particolare, questo ultimo approccio, si rivela molto interessante in tema di cultura della salute sul posto di lavoro. Il dott. Orsi spiega perché.

Partiamo dalle basi… Quanto incide lo stress sulle nostre abitudini alimentari?

Direi tantissimo! Lo stress è una risposta adattativa ai numerosi stimoli, sia fisici che mentali, ricevuti ogni giorno. Viene definito positivo o Eustress quando, per esempio, fornisce la carica per affrontare un nuovo lavoro o andare in vacanza. Diventa, invece, negativo o Iperstress quando dura nel tempo senza che si abbia la capacità di affrontare la situazione che l’ha provocato. In questi casi, determina un sovraccarico o carico allostatico, che può scaricarsi direttamente sulle cellule, sui tessuti e sugli organi compromettendone le funzioni. Ovviamente gli eventi potenzialmente stressanti e le reazioni che scatenano nei diversi soggetti, variano completamente da persona a persona. Lo stress ritenuto eccessivo per un particolare soggetto ne modifica lo stato di equilibrio mentale ed emozionale fino a incidere negativamente sulle sue abitudini alimentari, spesso in maniera direttamente proporzionale. Quindi, proprio come scriveva Giovenale e già sosteneva Ippocrate prima di lui: l’equilibrio richiede “mens sana in corpore sano”.

Esiste un collegamento tra la malattia fisica e la sofferenza psicologica?

Assolutamente sì. Lo spiega bene la Psicosomatica, campo della medicina che studia l’interconnessione tra i disturbi e le loro cause d’origine emozionali e psichiche. È una branca che si rifà alla visione Olistica del corpo umano, inteso come un tutt’Uno: il prodotto di una complessa e reciproca interazione fra le parti che lo compongono.
Facciamo un esempio: se un dipendente non sopporta il lavoro che svolge, o che gli è stato imposto, vive una condizione di disagio o stress lavorativo che può sfociare in disturbi gastrici nonostante gli esami clinici, come la gastroscopia, siano negativi. Ciò significa che il dipendente ha somatizzato a livello gastrico. Il “rimuginare” ovvero, il pensare e ripensare, è l’emozione legata allo stomaco secondo la medicina Olistica. Il dipendente, per quanto si sforzi, pensando e ripensando al lavoro che non lo soddisfa, non trova una soluzione. Magari perché non ha la forza di parlarne con il suo responsabile, oppure perché ha la convinzione, errata, di non poter trovare un altro lavoro… L’esito è la somatizzazione del disagio sull’organo.
Qualora non bastasse quanto detto, grazie alla ricerca degli ultimi anni e allo sviluppo di nuove tecnologie biomediche, è nata anche la Psiconeuroendocrinoimmunologia (PNEI), disciplina che si pone l’obiettivo di verificare le relazioni tra Psiche, secrezione di Neurotrasmettitori a livello cerebrale, Ormoni da parte del sistema endocrino e risposta Immunitaria.

Entriamo nel vivo della tematica aziendale. Le è mai capitato di incontrare persone con disturbi alimentari derivanti con buona evidenza dallo stress lavorativo?

Ahimè, tantissime volte. Oltre a somatizzare a livello gastrico, il disagio o stress lavorativo di un dipendente può sfociare nei cosiddetti “Vuoti Emozionali” che, inconsapevolmente spingono, per analogia, a riempire lo stomaco di tutto e di più senza però trovare la minima soddisfazione con o dal cibo. Si mangia senza senso della “porzione”, come se stessimo infilando gettoni in una slot-machine, uno dopo l’altro, aspettando una vincita che non arriva. Potremmo paragonare il tutto al cane che si morde la coda: più si mangia e si beve, più si desidera altro cibo. Per dirla in una sola parola: “insoddisfatti”.

Cosa possono fare le organizzazioni per sensibilizzare i dipendenti alla cultura della salute?

Si può fare tanto e, secondo me, si deve fare. Il management di un’organizzazione aziendale può incentivare la cultura della salute dei propri dipendenti facendosene carico, avvalendosi di esperti e specialisti di settore. Per esempio, organizzando corsi di preparazione e aggiornamento per una corretta Igiene e Educazione alimentare. Non solo, potrebbe ascoltare i dipendenti chiedendo se il lavoro assegnato è consono con le loro aspettative, capacità o inclinazioni. Questo si tradurrebbe in un approccio che permette ai dipendenti di acquisire un benessere psicofisico ottimale. Significherebbe dare il via a un’attività di prevenzione mirata al cambiamento dello stile di vita dell’individuo ottenendo, di fatto, anche un potenziale miglioramento delle performance personali. Ritengo che con i dipendenti andrebbe ricercata quella stessa customer satisfaction che viene inseguita quando si tratta di clienti. Immagino la seguente formula: dipendente felice e soddisfatto = dipendente in buona salute = miglioramento delle performance individuali. Del resto, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) descrive la Salute come uno “stato completo di benessere fisico, mentale, energetico e sociale”.