Pensioni: riprende vigore la quota 64 anni
Tra le righe dei discorsi che in ambito governativo si fanno in questi mesi è chiaro lettere che riformare il sistema pensionistico italiano dotandolo di nuove misure anticipate è quanto di più difficile il Governo Meloni è chiamato a fare.
Sono emerse le difficoltà di cassa, l’effetto inflattivo sui conti pubblici, l’impossibilità di varare misure favorevoli ai lavoratori che vogliono uscire prima dal mondo del lavoro è evidente.
Se aggiungiamo i diktat europei e la linea rigida che da Bruxelles arriva con la contrarietà di aumentare la spesa pubblica cancellando la riforma Fornero e sostituendola con misure meno rigide di quelle attuali.
Esiste però una strada che la stessa Fornero aveva previsto e che si può utilizzare anche adesso e che passa per la possibilità di uscire dal lavoro a 64 anni di età con 20 anni di contributi versati anche per i lavoratori che hanno iniziato la carriera prima del 1996. Parliamo di lavoratori che hanno iniziato la carriera e quindi hanno il primo contributo versato dopo il 31 dicembre 1995. Per questi lavoratori l’uscita a 64 anni con 20 anni di contributi versati è ammessa a condizione che la propria pensione sia di importo pari o superiore a circa 1.410 euro al mese. Infatti la misura prevede un importo minimo della pensione pari a 2,8 volte l’assegno sociale.
Importante sapere e che si si hanno versamenti prima del 1995 si può lo stesso utilizzare la formula dei 64 anni e 20 di contributo se si hanno contributi versati nella Gestione Separata.
La quantificazione della pensione che andrebbe a spettare con la pensione a 64 anni contributiva, che richiede almeno 20 anni di contributi richiede anche un terzo requisito, il più restrittivo, che è quello dell’importo: la pensione deve avere un importo di almeno 2,8 volte l’assegno sociale INPS.
Ad oggi l’importo mensile dell’assegno sociale è di 468 euro circa, e quindi nel 2022 serve una pensione di almeno 1.310 euro mensili per poter accedere alla misura. Ma nel 2023, con la rivalutazione dei trattamenti, l’assegno sociale vedrà il proprio importo aumentato del 7,3%. Dovrebbe, infatti arrivare a 502 euro mensili circa e, di conseguenza, anche l’importo per accedere alla pensione anticipata contributiva subirà un aumento e richiederà una pensione di circa 1.406 euro mensili.
Il requisito di 20 anni di contribuzione può essere conseguito anche sommando i versamenti accreditati presso casse diverse, attraverso lo speciale cumulo contributivo di cui all’art.1 Co.1 D.lgs. 184/1997.
Per effettuare la somma e verificare il diritto a pensione, vanno considerato come utili tutti i periodi contributivi interessati dal cumulo non ancora utilizzati e conteggiare una sola volta, ai fini del diritto, i periodi sovrapposti temporalmente.
Possono essere sommati anche i contributi accreditati presso le casse professionali, ma solo se la gestione di categoria a cui appartieni ha adottato il sistema contributivo (è il caso delle cd. nuove casse professionali di cui al D.lgs. 103/1996).
Il computo presso la gestione Separata (art. 3 DM 282/1996) consiste nella possibilità di far confluire tutti i contributi posseduti presso le casse Inps verso la gestione Separata, ricalcolando dunque tutti i periodi con sistema contributivo (unico sistema di calcolo vigente presso la gestione).
Ricapitoliamo: per optare per il computo bisogna però possedere
- almeno un contributo prima del 31 dicembre 1995;
- meno di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995;
- almeno 15 anni di contributi in totale;
- almeno 5 anni di contributi dal 1996 in poi;
- almeno un mese di contributi presso la gestione Separata.
La facoltà di computo si esercita al momento della pensione e consente non solo di conseguire la pensione anticipata a 64 anni, ma anche di accedere al riscatto agevolato della laurea (Circ. Inps 6/2020 e 54/2021).