Novembre 24

Anticipo pensionistico: un paese che naviga controvento

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“Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare” ed appunto non sappiamo dove ci porterà nel lungo periodo la rotta presa sugli antici pensionistici in italia. Il governo Meloni, dopo una campagna elettorale fatta (anche) sulla promessa di rivedere i meccanismi di prepensionamento, fa ora marcia indietro. Le poche migliaia di lavoratori che nel 2024 riusciranno ad andare in pensione anticipata con Quota 104 la dicono lunga sulla capacità di affrontare seriamente il tema dell’età per andare in pensione ed i contributi necessari.
L’aumento di un anno dell’età anagrafica fa sì che le uscite nel 2024 siano limitate a coloro che quest’anno avevano già i 62 anni previsti per quota 103 ma non ancora i 41 anni di contributi. Potranno andare in pensione le persone che compiranno 63 anni, nate quindi fino al 1961, e che hanno cominciato a lavorare dal 1983 e quindi l’anno prossimo raggiungeranno i 41 anni di contributi. Anche Quota 103 è stato un fallimento, sono state accolte nei primi cinque mesi poco più di 5mila domande e ci si attende che alla fine, terminato il 31 dicembre 2023 il periodo di presentazione delle pratiche, siano circa 12/15mila a fronte di una platea complessiva di persone con i requisiti di 41mila.

Con la nuova stretta il numero delle domande accolte con questo canale di uscita potrebbero essere inferiori alle 7/8mila a fronte di una platea di circa 20mila per un tasso di adesione di circa il 30%, simile rispetto alle altre Quote.

Il cambio generazionale può portare a una combinazione di competenze, esperienze e prospettive che favoriscono la competitività e la sostenibilità del sistema Paese nel lungo termine. Tuttavia, è importante gestire questa transizione in modo strategico, favorendo la collaborazione e la comprensione tra le diverse generazioni e soprattuto accompagnando al pensionamento con progetti a lungo termine. Le sienze sociali da tempo hanno chiarito i vantaggi del cambio generazionale per le aziende, contribuendo a migliorare la dinamica aziendale, promuovere l’innovazione e assicurare una transizione fluida tra le diverse generazioni di dipendenti. Le nuove generazioni spesso portano idee fresche e innovative e la diversità di esperienze e prospettive può stimolare la creatività all’interno delle aziende, portando a soluzioni più innovative e adattabili alle sfide di mercato in evoluzione.
Le nuove generazioni tendono ad essere più orientate alla tecnologia e adattabili ai cambiamenti e queste caratteristiche possono contribuire a rendere le aziende più agili, pronta a affrontare rapidi cambiamenti nel contesto commerciale e tecnologico perchè portano in azienda coloro che sono cresciuti nell’era digitale e spesso hanno una maggiore familiarità con le nuove tecnologie. Questa conoscenza può essere sfruttata per implementare soluzioni tecnologiche all’avanguardia e migliorare l’efficienza operativa.
Non va sottovalutato che sono noti i benefici del periodo di affiancamento tra dipendenti con anzianità rilevante di servizio e più giovani in età creando team multigenerazionali che favoriscono la diversità di pensiero e l’inclusione. La collaborazione tra persone con background, prospettive e stili di lavoro diversi può portare a decisioni più equilibrate e creative. Il cambio generazionale può essere gestito in modo strategico a livello Paese favorendo meccanismi di integrazione alla pensione per i lavoratori che rimandogno in azienda con l’obiettivo di trasferire knowhow per garantire una transizione senza intoppi nella leadership dell’azienda. La pianificazione della successione è un compito a cui anche la politica non deve sottrarsi perchè fondamentale per assicurare che le competenze e le conoscenze fondamentali vengano trasferite in modo efficace, nel privatio come nel pubblico.
L’assunzione di nuovi talenti può rinnovare lo spirito del team e aumentare la motivazione generale. I nuovi arrivati possono portare entusiasmo e voglia di crescere, motivando anche i colleghi più anziani. Questo da anni avviene nel settore privato mentre è totalmente assente ogni azione nel pubblico (ne piani formativi di ingresso ne procedure di affiancamento codificate).

Un piano di cambio e diversità generazionale a livello Paese è anche necessario per migliorare le competenze complessive di interi settori (artigianato, agricoltura, turismo per primi ma anche sanità e cultura) ed una nazione che riflette la diversità della società può essere più attraente per una gamma più ampia di investitori e imprese, garantendo un piano “di lavoro” di lungo periodo e stabile. Questo può contribuire alla crescita del mercato interno e dell’occupazione e migliorare la reputazione dell’Italia.
Ma se queste motivazioni non sembrano sufficenti mi piace qui ricordare quando scrisse un grande sociologo, Domenico De Masi: “Il vero problema del futuro non sarà il lavoro ma il tempo libero. L’evoluzione del lavoro agile in Italia, dal telelavoro allo smart working, e le prospettive dopo il grande esperimento imposto dalla pandemia vedremo un aumento di produttività, una diminuzione di Co2 e una diversa organizzazione delle città” e questa realtà andrà dominata, organizzando un sistema di welfare e sanitario che accompagni la vita più lunga, che crei comunità di anziani autosufficenti e contenti, che dia un ruolo all’esperienza e alla lungimiranza della sapienza affidata ai lavoratori più anziani anche dopo il perido di lavoro.

Una politica che veda più avanti. Che guardi al miglioramento della qualità della vita, all’equilibrio tra lavoro e vita,cruciale per mantenere la salute mentale e fisica a lungo termine, al giusto tempo per la famiglia e gli affetti visto il ruolo sempre più attivo degli anziani nella vita familiare dei giovani.

Antonio Votino direttore responsabile Infoquadri

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